I LEGAMI FRA BOERI, DE BENEDETTI E SOROS… ECCOVELI QUI

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Grazie ad un nostro attento lettore dalla memoria lunga (Grazie Fabrice) siamo in grado di darvi qualche chicca storica sui legami fra Deb Benedetti, Soros e Boeri

Un pezzo di Verdirami dal Corriere dell Sera di qualche anno fa

«Quando Francesco Rutelli è entrato ieri al numero 888 della Settima Avenue per conoscere George Soros, le presentazioni erano di fatto già avvenute. Perché il leader della Margherita era stato preceduto da una lettera inviata giorni fa da Carlo De Benedetti. Poche righe in cui l’Ingegnere aveva tracciato al potente finanziere il profilo dell’ex sindaco di Roma, definito «un giovane brillante politico italiano”. I rivali di Rutelli diranno che si è fatto raccomandare, che per essere ricevuto si è valso di una lettera per accreditarsi. Ma la tesi stride con la genesi dell’incontro, se è vero che l’idea risale a due settimane fa, e che l’approccio è avvenuto via email. Con la posta elettronica Lapo Pistelli provò infatti a contattare il magnate americano. Il responsabile Esteri dei Dl si trovava insieme a Rutelli a Cipro per un incontro del Partito democratico europeo: studiando l’agenda del viaggio negli Stati Uniti, si accorsero che mancava qualcosa, “ci sono gli appuntamenti politici, però ne servirebbe uno con il mondo della finanza”. è una storia tipicamente americana quella capitata al capo della Margherita, visto che quando partì il messaggio nessuno pensava di ottenere risposta, “nessuno in Italia – commenta Pistelli – si sognerebbe di entrare in contatto così con un industriale o un banchiere”: “La storia del nostro incontro con Soros dimostra che in America, dall’altro capo del telefono o del computer, c’ è sempre qualcuno pronto a darti attenzione”.»

Quindi De Benedetti è in grado di metter in contatto diretto con Soros, con ui ha famigliarità. Del resto l’anello di congiunzione è il banchiere svizzero Edgar de Picciotto che è nel CdA di Quantum Fund , fondato da Soros, ma il cui figlio è stato nel CdA della Olivetti di De Benedetti negli anni 80. Per conoscere in quali affari sia De Picciotto e le sue banche TBA e CBI, cercate sul web….
Non possiamo poi dimenticare che SOROS fu invitato al Festival dell’Economia di trento nel 2012, proprio quando era presidente del comitato scientifico TITO BOERI, che non mancò di invitare, guarda caso, anche DE BENEDETTI.

Trovate in questa pagina l’invito a Debenedetti, e in quest’altra l’intervento di Soros.

Insomma TITO BOERI lavora a braccetto con chi sostiene la “Open Society”, cioè una società “Aperta” si, allo sfruttamento economico ed alla distruzione culturale. Perchè se una nazione vuole svilupparsi in modo autonomo, usando le proprie risorse, allora è “CLOSED”…

Con questo chiudiamo il quadro complessivo che spiega l’intervento di Tito Boeri tramite i suoi collegamenti con Soros e con De Benedetti…
Del resto, parliamo chiaro, è stato De Bendetti a volere all’INPS Boeri, come ricorda bene anche Dagospia…

Potete leggere l’articolo originale QUI.

“REPUBBLICA” BOERI APPOGGIA IL JOBS ACT, NE CHIEDE LA RAPIDA IMPLEMENTAZIONE, ATTACCA I SINDACATI E CHIUDE DICENDO CHE “ORA IL NOSTRO PAESE PUÒ FARCELA A RIPARTIRE”. INTANTO È RIPARTITO LUI!
Il segnale che Renzie voleva è arrivato sulle colonne di “Repubblica” proprio una manciata di giorni prima dell’ultimo consiglio dei ministri dell’anno. Ed è stato un segnale utile, perché ha portato alla nomina di Tito Boeri alla presidenza dell’Inps, non certo un esponente del “Giglio magico”, anzi. Ma com’è nata questa nomina che ha sorpreso un po’ tutti gli addetti ai lavori? E’ nata nelle segrete stanze, ma si è sviluppata su un giornale. Vediamo come.

Nelle settimane precedenti il Natale, in piena battaglia per l’approvazione del Jobs Act, Renzie era molto preoccupato di scoprirsi troppo sul fianco sinistro del proprio schieramento. Di passare per nemico dei lavoratori non gli andava proprio e poi c’era da far mancare in anticipo il terreno sotto i piedi a possibili scissionisti piddini. Per questo, in una conversazione con l’ottuagenario Carletto De Benedetti, il giovane premier ha chiesto la copertura del giornale-partito “Repubblica”.

Da bravo padrone del vapore, il Sor-Genio ha incassato con un sorriso benevolo la richiesta d’aiuto, ma ha subito domandato qualcosa in cambio, seppure con un minimo di eleganza. “Devi anche fare qualcosa di sinistra… – gli ha detto lesto – per esempio nominare uno come Boeri all’Inps”, riferendosi a Tito, l’economista che scrive per Repubblica e non è mai tenero con i governi, non capacitandosi di non essere il ministro dell’Economia.

MATTEO RENZI E CARLO DE BENEDETTI A LA REPUBBLICA DELLE IDEE A firenze
MATTEO RENZI E CARLO DE BENEDETTI A LA REPUBBLICA DELLE IDEE A FIRENZE
Renzie è rimasto preso in contropiede e ha fatto notare a Cidibbì che Boeri lo ha attaccato varie volte. Lui non avrebbe avuto problemi di principio a nominarlo, ma si sarebbe atteso un segnale pubblico per avere la certezza che Boeri è un tipo affidabile.

Il segnale è arrivato a mezzo stampa il 20 dicembre scorso. Ed è stato un segnale di gran classe. Boeri non si è messo a tessere le lodi sperticate del Jobs Act o, peggio, di Renzie. Sarebbe stato goffo e volgare, con la sua nomina in arrivo “ad horas”. In un articolo intitolato “Perché i giovani si sentono beffati”, Boeri ha semplicemente dato per scontato che la riforma tanto cara a Renzi sia cosa buona e giusta, chiedendo che sia rapidamente accompagnata dai decreti delegati. Un vero pezzo di bravura.

E dopo aver duramente attaccato Cgil e Uil, ovvero i sindacati che si oppongono al premier spaccone, Boeri si lanciava in un’edita professione di ottimismo: “Il nostro Paese può farcela a ripartire (…) La riforma del lavoro potrebbe essere la prima vera riforma del Governo Renzi. Non possiamo permetterci di perdere questa occasione”. Quattro giorni dopo Renzie non he perso l’occasione di nominare Boeri alla guida dell’ente previdenziale. Chissà quanto s’è divertito il Sor-Genio.

2. PERCHÉ I GIOVANI SI SENTONO BEFFATI (BOERI IN GINOCCHIO DA RENZI)
Tito Boeri per La Repubblica – Editoriale del 20 dicembre 2014

Sono state meno 15 per cento rispetto allo stesso mese di un anno prima, in cui si era in condizioni congiunturali ben peggiori. Presumibilmente i datori di lavoro aspettano ad assumere in attesa di capire cosa accadrà. Il governo ha chiesto e ottenuto dal Parlamento un’ampia delega per riformare il nostro mercato del lavoro e adesso ha il dovere di agire per eliminare questa ulteriore fonte di incertezza.

Dovrà varare nella prossima settimana i decreti attuativi se vuole che siano in vigore da metà gennaio, dando un mese di tempo al Parlamento per esprimere la propria opinione. L’augurio è che il consiglio dei Ministri di mercoledì prossimo vari i decreti più importanti: quelli su ammortizzatori sociali, contratto a tutele crescenti ed eliminazione dei contratti maggiormente precarizzanti.

Non possiamo permetterci un rinvio per non peggiorare ulteriormente la gravissima situazione occupazionale. Ma non possiamo neanche permetterci l’ennesima finta riforma, perché è nella ripresa del nostro mercato del lavoro che si giocano le prospettive di ripresa dell’economia italiana nel 2015.

Da troppo tempo i giovani nel nostro Paese vengono presi in giro. Abbiamo avuto 5 governi negli ultimi 7 anni che hanno promesso di «farla finita con il precariato giovanile » (governo Prodi), «dare priorità all’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro» (Berlusconi), «scommettere sui giovani» (Monti), «aiutare le aziende ad assumere i giovani» (Letta).

Da quando si sono spese queste nobili parole la disoccupazione giovanile è passata dal 20 per cento a quasi il 45 per cento. Adesso è il momento di agire. Se vogliamo una riforma vera, bisogna eliminare o fortemente scoraggiare l’utilizzo di contratti come le associazioni in partecipazione, i contratti a progetto o le collaborazioni coordinate e continuative per rapporti di lavoro alle dipendenze.

Il nuovo contratto a tutele crescenti non vuole nascere come un prolungamento di contratti precari. Contestualmente alla riforma dei contratti a tempo indeterminato per i nuovi assunti, bene perciò ridurre la durata massima dei contratti a tempo determinato (ad esempio da tre anni a due) e prevedere meno proroghe sullo stesso posto di lavoro di quanto previsto dal decreto Poletti.

Il nuovo contratto a tempo indeterminato dovrebbe partire fin da subito con tutele crescenti, senza periodo di prova. In principio, la conta dei mesi di esperienza sulla base dei quali si calcolano le compensazioni in caso di licenziamento dovrebbe partire dalla data di prima assunzione, contratto a tempo determinato incluso. Non vogliamo che tra co.co.pro, contratti a tempo determinato e periodo di prova, il giovane passi attraverso un cursus honorum ( forse meglio parlare di forche caudine) lungo sei anni.

E bene che le tutele crescano gradualmente con l’anzianità aziendale, evitando discontinuità che potrebbero spaventare i datori di lavoro, incoraggiandoli a interrompere un rapporto anche quando questo ha grandi potenzialità.

Oggi, come documentano anche recenti studi dell’Ocse, c’è un tappo alla crescita delle imprese attorno alla soglia dei 15 dipendenti e le imprese più grandi ricorrono maggiormente ai contratti temporanei delle imprese più piccole, alimentando così un turnover più elevato delle imprese minori.
Per togliere il tappo alla crescita dimensionale delle imprese e per ridurre l’abuso dei contratti temporanei, bene che tutti i lavoratori passino alla nuova normativa non appena l’impresa supera la soglia dei 15 addetti. Si avrà comunque un rafforzamento delle tutele dei lavoratori la cui impresa cresce e si darà un potente stimolo ai datori di lavoro ad aumentare il numero di dipendenti.

La riforma degli ammortizzatori si propone di estendere le tutele a chi oggi non è coperto. Vedremo se sarà così nei fatti, a partire dalle risorse messe a disposizione, dato che, di quelle elencate, è l’unica riforma che non sia a costo zero per le casse dello Stato.

Cgil e Uil ieri hanno minacciato di reagire alle tutele crescenti con delle “lotte crescenti”. Ma cosa c’è di crescente dopo uno sciopero generale? La rivoluzione? Viene da chiedersi a vantaggio di chi vada questa radicalizzazione del sindacato. Rischia di concentrarsi sempre di più nel pubblico impiego e di abbandonare i giovani e il settore privato. I dati delle indagini campionarie questo ci dicono: negli ultimi 10 anni, il sindacato ha perso un iscritto su cinque fra chi ha meno di 35 anni, è diminuito del 15% al di fuori del pubblico impiego, rafforzandosi lievemente solo fra chi ha più di 65 anni.
Come si può pensare di reclutare fra chi non ha mai avuto diritto a un sussidio di disoccupazione e a una compensazione del proprio datore di lavoro, essendo stato di fatto licenziato fino 50 volte in meno di dieci anni? Come si fa a parlare di tutela di diritti a chi se li è visti sistematicamente calpestare in nome di quelli degli altri? Mentre lamenta la rottamazione dei diritti, il sindacato rischia di rottamarsi con le sue stesse mani. Sarà un caso, ma due segretari confederali su tre hanno cambiato mestiere negli ultimi mesi.

Il nostro Paese può farcela a ripartire. Coi tassi di interesse a lungo termine attuali, scesi da tempo ai livelli degli Stati Uniti, sono soprattutto i problemi di natura strutturale, quelli legati al funzionamento del nostro mercato del lavoro in primis, che impediscono all’economia italiana di ripartire. La riforma del lavoro potrebbe essere la prima vera riforma del Governo Renzi. Non possiamo permetterci di perdere questa occasione, soprattutto ora che Spagna e Portogallo hanno cambiato i regimi di contrattazione, rendendoli più attrattivi per la grande impresa.

Festival dell’Economia di Trento 2012boeri-soros

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Cicli di vita e rapporti tra generazioni
dal 31 maggio al 3 giugno a Trento e Rovereto
Anteprima a Bari il 19 maggio

Il Festival dell’Economia di Trento, giunto alla sua settima edizione, si conferma come l’appuntamento dell’anno per il dibattito e la discussione delle grandi questioni del nostro tempo. Dal 31 maggio al 3 giugno economisti, giuristi, imprenditori, politici, sociologi, filosofi si confrontano su un tema cruciale per le scelte di politica economica: Cicli di vita e rapporti tra generazioni. Anche quest’anno anteprima fuori casa.
Il 19 maggio il Festival si trasferirà per un giorno a Bari dove ci saranno due appuntamenti sul tema Giovani, creatività e impresa. I dettagli nel programma.

«La crisi ? come scrive Tito Boeri, responsabile scientifico del Festival ? è destinata a lasciare cicatrici profonde nelle generazioni che si sono trovate, loro malgrado, ad entrare nel mondo del lavoro in questi frangenti. Gli eventi negativi lasciano spesso tracce persistenti nei comportamenti degli individui, ne pregiudicano carriere, i tempi con cui costruiscono una famiglia, li espongono a futuri rischi di disoccupazione, possono avere effetti anche a molti anni di distanza sulla loro salute. Il rischio è di avere intere generazioni di perdenti anche perché la crisi ci lascerà in eredità anche un alto debito pubblico i cui oneri finiranno per gravare come un macigno sulle generazioni che iniziano oggi a lavorare.» Il tema cruciale dei rapporti tra generazioni si traduce nella ricerca di un sistema che sappia da un lato valorizzare la longevità e dall’altro offrire opportunità ai giovani. Insomma – riflette ancora Boeri – «la Grande Recessione e poi la crisi del debito hanno aperto, non solo in Italia, una grande questione giovanile e una grande questione degli anziani. I primi hanno seri problemi ad entrare nel mercato del lavoro e a iniziare il loro ciclo di vita. I secondi faticano a chiuderlo serenamente perché hanno seri problemi di liquidità verso la fine della loro esistenza.»È davanti agli occhi di tutti la delicatezza di questo particolare momento storico, non solo per il nostro paese, ma per tutta l’economia mondiale. E Trento si conferma un appuntamento irrinunciabile dove mettere a confronto, analisi, prospettive e possibili soluzioni. La qualità del dibattito è come sempre testimoniata dall’altissimo livello degli ospiti del Festival, che vede anche quest’anno un ricco calendario di incontri. I premi Nobel sono di casa. Quest’anno saranno in tre: Christopher Pissarides e Dale T. Mortensen, Premi Nobel per l’Economia 2010 che illustreranno gli effetti della recessione sul mercato del lavoro; Eric S. Maskin Premio Nobel per l’Economia nel 2007 che spiegherà perché tendiamo a scaricare sulle generazioni future decisioni rilevanti di natura economica. Tanti gli economisti internazionali, tra gli altri Barry Eichengreen, tra i massimi esperti del sistema monetario; Olivia S. Mitchell tra le maggiori esperte di sistemi pensionistici e assicurativi; Thomas Piketty, docente di Economia alla Paris School of Economics, tra i massimi analisti dell’interazione tra sviluppo economico e distribuzione del reddito e della ricchezza; Adair Turner, presidente della Financial Services Authority del Regno Unito, un’economista che si divide tra business, politica economica e ricerca universitaria.

Numerosi gli ospiti protagonisti del dibattito economico e politico nazionale. Parteciperanno ai diversi incontri fra gli altri: Susanna Camusso, Segretario generale della CGIL, Corrado Clini ministro dell’Ambiente, Elsa Fornero, ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Corrado Passera, ministro dello Sviluppo Economico, delle Infrastrutture e Trasporti, Michel Martone, viceministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Marco Rossi Doria e Elena Ugolini, sottosegretari al Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca. Come ha sottolineato Boeri “si parlerà molto anche di ingresso nel mondo del lavoro e di formazione sul posto di lavoro. Verranno esaminati inoltre i patti intergenerazionali informali, così importanti nel campo dell’assistenza alle persone non autosufficienti, dai genitori che aiutano i figli nella cura dei nipoti soprattutto quando mancano gli asili nido, ai figli che assistono i loro genitori. Perché c’è un patto intergenerazionale anche in molte scelte all’interno della famiglia. E sono quasi sempre le donne che si devono prendere cura dei genitori e dei suoceri, sottraendo tempo al proprio lavoro, alla propria realizzazione professionale e, dunque, ritoccando all’ingiù le loro pensioni future”.

Come Testimone del tempo del tempo giovedì 31 maggio apre Carlo De Benedetti che ci racconterà come si è trasformato il mercato del lavoro in Italia negli ultimi cinquant’anni e come sono mutati meccanismi di selezione della classe dirigente, a partire dal management delle grandi imprese. Venerdì 1 giugno Testimone del tempo sarà la figura del maestro di scuola, da sempre cerniera fra diverse generazioni. Non solo. La scuola tutta riceverà una particolare attenzione in questa edizione del Festival. Sabato 2 giugno sarà, invece, la volta di due magistrati in prima fila nella lotta al crimine organizzato. Giuseppe Pignatone, procuratore capo di Roma, e Michele Prestipino, procuratore aggiunto presso la Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, risponderanno alle domande di Gaetano Savatteri sui rapporti tra generazioni all’interno delle cosche mafiose. Come ogni anno tante le voci di autorevoli economisti, tra gli altri Orazio Attanasio, Alberto Bisin, Pietro Garibaldi, Andrea Ichino, Annamaria Lusardi, Michele Polo, Lucrezia Reichlin, Salvatore Rossi, Pier Luigi Sacco, Michele Salvati.

Il Festival ha la sua forza anche per la partecipazione di personalità che vengono da esperienze diverse e portano il loro punto di vista nel dibattito economico. Per citare solo qualche nome: Andrea Beltratti, Paolo Bertoluzzo, Remo Bodei, Andrea Carandini, Gianluca Comin, Ilvo Diamanti, Oscar Giannino, Gustavo Pietropolli Charmet, Alessandro Profumo, Federico Rampini, Chiara Saraceno, Pierluigi Stefanini, Silvia Vegetti Finzi, Pierluigi Stefanini. Confermati tutti format: Pro e contro, Parole chiave, Alla frontiera, Visioni, Focus, Dialoghi, Intersezioni. Lo stesso vale per gli “Incontri con l’autore” a cura di Tonia Mastrobuoni, dove partendo dai libri si affrontano grandi temi dell’ economia e della politica con intellettuali e protagonisti del dibattito pubblico.

Festival dell’Economia di Trento

Responsabile scientifico: Tito Boeri

Comitato Promotore: Provincia autonoma, Comune e Università degli Studi di Trento

Progettazione: Editori Laterza, in collaborazione con Gruppo 24 Ore e Comune di Rovereto

Partner: Intesa Sanpaolo

Main sponsor: Gruppo Dolomiti Energia, Fiat S.p.A.,Vodafone Italia

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SOROS E LA CRISI: “TUTTA COLPA DELLA GERMANIA”

“L’intransigenza della Germania e di Angela Merkel sta mettendo a rischio la stessa sopravvivenza dell’Unione Europea”. Senza mezze parole, George Soros, vero ‘guru’ della finanza speculativa, attacca la cancelliera tedesca.

Lo fa dal festival dell’Economia di Trento, dove il miliardario di origine ungherese è stato invitato per una lectio magistralis sull’economia internazionale.

Ma più che ‘economia internazionale’ Soros ha parlato di economia europea, definendo l’Ue un “oggetto fantastico” messo a rischio “dai creditori, dalla Germania di Angela Merkel e dalla Bundesbandk”. Unione europea che venne fondata “sui principi della società aperta, democratica, pluralista e rispettosa dei diritti umani i cui nodi ora sono venuti al pettine”.

Quali i motivi? Semplice. Per il finanziare ungherese-statunitense la causa della crisi risiede nel fatto che “all’integrazione monetaria non ha fatto seguito una vera e propria integrazione politica”.

Soros come Obama – La frenata crescita mondiale? “Colpa della crisi in Europa”. Così Barack Obama, venerdì, ha chiosato ad alcune domande dei cronisti durante la tappa in Minnesota del ‘tour’ per la sua campagna elettorale. E, come Obama, anche Soros ritiene che sia stato proprio il crollo dell’economia in Europa la causa della frenata dell’economia mondiale. E non invece che sia stata la bolla speculativa statunitense a far precipitare l’Europa in una crisi ad oggi incontrollata.

L’Unione europea, chiamato da Soros “quell’oggetto fantastico”, ha funzionato in un primo momento “perchè i tedeschi erano alle prese con l’unificazione e ha avuto la massima realizzazione con il trattato di Maastricht. Ma il giocattolo si è rotto quando si è capito che i tedeschi non erano disposti a condividere l’eccessivo indebitamento con gli altri paesi europei”.

Da qui, ‘la ricetta’ di Soros. Una ricetta tutta tedesca, che solo Angela Merkel potrebbe preparare: “Un sistema comunitario a copertura dei depositi delle banche per impedire la fuga dei capitali dall’Eurozona”. I tempi – Tempi stretti, però, per Soros: “Abbiamo tre mesi di tempo per invertire la rotta”.

Per Soros infatti “il rischio default della Grecia sarebbe la prima avvisaglia del baratro”. Un baratro dal quale “non si salverebbe nemmeno Berlino”. Il motivo è semplice: “Un ritorno del marco ‘pesante’ penalizzerebbe le esportazioni tedesche”.

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